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Benvenuta invidia

Eccomi qui ad affrontare un argomento di cui si parla poco: l’invidia. L’invidia è da sempre oggetto di studi e ricerche non solo in ambito psicologico ma anche in quello artistico e letterario. In un’ottica cognitivista l’invidia nasce dal confronto tra il proprio potere e quello di un altro rispetto ad un dato scopo o bene. Se la riferiamo a noi mamme (ma anche ai papà!), l’invidia può riguardare le doti fisiche, intellettuali o sociali di altri bambini rispetto ai nostri. Magari proprio un amichetto di nostro figlio o il figlio di una nostra carissima amica. Come dice la bravissima Claudia Perdighe nel suo libro Il linguaggio del cuore, l’invidia è spesso un’emozione che le persone tendono a nascondere e che non vogliono provare.

La mamma o la persona che prova invidia il più delle volte non vorrebbe provare quell’emozione, è a disagio per il fatto di provarla ed è anche per questo che l’invidia è una delle emozioni meno raccontate e riferite. In generale le persone tendono a vergognarsi dell’invidia perché partono da credenze come “è brutto essere invidiosi”, “se invidio gli altri sono una brutta persona” oppure “se invidio gli altri significa che sono migliori di me”. Se siamo genitori la cosa si complica ulteriormente perché l’invidia non è tra noi ed un’altra persona ma tra nostro figlio e un altro. Provare invidia in questo caso è molto doloroso per varie ragioni: innanzitutto perché prendiamo atto di qualcosa che nostro figlio non ha o non possiede, in secondo luogo perché ci sentiamo “cattive” nel provare invidia verso il figlio di qualcun altro, in terzo luogo perché ci possiamo sentire mamme orribili pensando di non amare abbastanza nostro figlio o che nostro figlio non ci piaccia. La cosa che forse fa più male è proprio l’idea di ritenere nostro figlio inferiore ad un altro bambino. Se poi ci ritroviamo a sperare che quel bambino sbagli la gara o prenda un brutto voto ad un compito allora l’invidia potrebbe farci sentire persone indegne e provocare un forte disagio.

La prima cosa da dire è che se sono qui a parlarne, evidentemente, per quanto poco raccontata essa sia, l’invidia è un’emozione frequente e normale. Anche i genitori più amorevoli ogni tanto finiscono col provarla. Chi di noi non è felice se il proprio figlio eccelle o è molto bravo in uno sport, a scuola o in un’altra disciplina? Volere il meglio per nostro figlio è normale e può capitare di sentirsi dispiaciuti e provare invidia se ad eccellere è un altro bambino. Un altro aspetto dell’invidia è la competizione: la competizione è un tratto caratteriale e temperamentale. Si nasce competitivi, non ci si diventa. Ci sono adulti che fin da bambini giocavano per vincere e non solo per partecipare. In genere questa tipologia di persone tende a provare sentimenti d’invidia più facilmente e se il proprio figlio non ha una natura competitiva e non sente il desiderio di eccellere, potrebbero innescarsi delle dinamiche dolorose. Potrebbe capitare che i genitori, mamme o papà che siano, esercitino involontariamente delle pressioni sul proprio figlio, nella speranza che tiri fuori un po’di grinta e tenti di essere il migliore. Infine non possiamo ignorare il fatto che spesso l’invidia è un aspetto importante della cultura a cui apparteniamo. Esistono le cosiddette “culture dell’invidia” dove l’invidia è appunto un tratto culturale trasmesso di generazione in generazione ed esistono i tanto diffusi social network che volenti o nolenti fanno dell’invidia un loro fondamento. Nati con l’idea di condividere, sono diventati ormai uno sfoggio di tutti i momenti e i particolari delle nostre vite. Addirittura sembra che in alcuni casi, una vacanza o una giornata particolare acquisti valore ed importanza solo se si ha la possibilità di condividerla e mostrarla al popolo dei social. Così ad esempio la giornata al Bioparco che trascorriamo con la nostra famiglia acquista senso perché viene condivisa su Facebook e non più per il fatto di stare con le persone che amiamo.

Cosi come per la rabbia e la colpa se l’emozione di invidia ci fa visita ogni tanto, va semplicemente accettata evitando di sentirsi madri indegne e giudicarsi cattive persone. Se invece è un sentimento che proviamo spesso allora potremmo fermarci un attimo per capire cosa vorremmo di diverso, cosa ci manca e se per caso dentro di noi ci sia uno stato di insoddisfazione generale che alimenta l’invidia. Confrontarsi con gli altri e con i figli degli altri spesso non è utile e diventa fonte di sofferenza: il rischio più grande che corriamo è quello di stabilire la nostra felicità in base a quello che hanno in più o in meno le persone che ci circondano. Siamo felici se osserviamo che abbiamo tutto quello che hanno gli altri e infelici se abbiamo qualcosa in meno. Forse potremmo fermarci per riflettere e capire se l’invidia sta cercando di dirci qualcosa: quanto e cosa siamo riusciti a realizzare di quello che avremmo voluto?