La pandemia, e in particolare i periodi di lockdown, hanno reso necessario il ricorso a sedute di psicoterapia online, per lo più videocall ma anche per telefono. I terapeuti e i loro pazienti si sono trovati praticamente da un giorno a un altro a modificare il setting delle sedute, passando dal consueto ambiente dello studio, dove era possibile vedersi da vicino e avere a disposizione tutti gli strumenti della comunicazione non verbale, a incontri attraverso lo schermo di un PC o di un cellulare, con i pazienti talvolta obbligati, per avere un po’ di privacy dai familiari ugualmente reclusi a casa, a rifugiarsi in spazi “anomali” come il bagno o addirittura l’automobile.
Dal primo periodo emergenziale (primavera 2020), la terapia online ha poi continuato in molti casi a permanere e dunque a evolversi, attirando così l’attenzione dei ricercatori che hanno cominciato a studiarne le dinamiche per verificarne l’efficacia e le opportunità, senza trascurarne i lati meno positivi.
Un articolo scritto da Francesca Davini e Marco Saettoni, psicoterapeuti che lavorano nell’area di Grosseto, fa il punto sull’impatto che questo grande cambiamento operativo ha avuto sui professionisti del settore e i loro assistiti, sulla base di dati da loro raccolti e di tre studi, due italiani e uno relativo ai paesi di lingua tedesca (Boldrini et al., 2020; Femia et al., 2020 e Christiane Eichenberg 2021).
A una prima analisi i problemi più evidenti connessi alle terapie online riguardano aspetti cruciali quali le modalità di acquisizione del consenso informato, il rispetto della privacy, le modalità di pagamento, la strutturazione del nuovo setting. Ad esempio, è giusto far pagare la stessa cifra per una seduta online o dal vivo? «Si potrebbe pensare che il terapeuta debba sostenere costi vivi minori con le terapie online (ad esempio spostamenti da e per il proprio studio) e ciò giustificherebbe una sorta di sconto sulla prestazione per il paziente, ma al tempo stesso questo potrebbe essere visto come squalificante il setting online», si interrogano gli autori.
Tuttavia balzano agli occhi anche elementi sicuramente da guardare con favore, come il maggiore accesso alla psicoterapia, la disponibilità e la flessibilità del servizio (ad esempio con pazienti lontani geograficamente e in situazioni di emergenza) e forse, almeno in prospettiva, la convenienza economica.
La presenza terapeutica
Il concetto di presenza terapeutica (che i due autori riprendono da Geller) rimane comunque centrale: è necessario alla creazione di sicurezza e all’efficacia del trattamento. «La presenza terapeutica è la capacità di essere fisicamente, emotivamente, cognitivamente, relazionalmente e spiritualmente in seduta col paziente», precisano i due autori. E dunque in che modo può essere mantenuta in una seduta online? Sarà fondamentale per il terapeuta seguire alcune indicazioni intese a creare un ambiente adeguato e sicuro per il paziente, come: allestire uno spazio dedicato costante che dia ai pazienti un senso di continuità e sicurezza, collocarsi a una giusta distanza dallo schermo e mantenere un abbigliamento professionale come in presenza; avere cura che anche il paziente sia in un ambiento privo di distrazioni e in piena privacy; mantenere il contatto con il proprio corpo, i propri gesti e la propria voce.
E i terapeuti, come hanno vissuto le sedute online?
Pur nelle differenze dovute all’orientamento dei terapeuti (i dati riferiti provengono da sondaggi effettuati presso terapeuti di orientamento psicodinamico, cognitivo-comportamentale, sistemico, umanistico e integrato), un elemento emerge con chiarezza: «gli psicoterapeuti che hanno riferito di aver usato frequentemente la psicoterapia online prima della quarantena avevano provato una soddisfazione significativamente maggiore rispetto a quelli che non l’avevano mai usata» e hanno riportato un minor tasso di interruzione del trattamento nei loro pazienti. Lo studio tedesco aggiunge che dopo la pandemia l’atteggiamento dei terapeuti verso le sedute online è mutato in positivo, passando da circa un terzo di pareri favorevoli a due terzi.
A questo quadro si aggiungono i numeri e le osservazioni raccolte dagli stessi Davini e Saettoni su un campione di 118 terapeuti, che vanno nella direzione degli studi precedentemente citati: nonostante alcune criticità, dovute soprattutto all’esperienza con gli strumenti telematici, la maggioranza dei terapeuti riporta un parere positivo rispetto alla nuova modalità di trattamento, riferendo di una percezione di efficacia nella conduzione delle sedute online simile a quelle in presenza.
Conclusioni provvisorie
Insomma, suggeriscono i due autori, al momento il dibattito sulle terapie online può attestarsi su un primo punto: la loro efficacia sembra essere la stessa di quelle in presenza, nonostante qualche iniziale perplessità e difficolta. Tuttavia per il futuro sarà essenziale stabilire linee guida specifiche sulle modalità di utilizzo della rete e dedicare spazio all’istruzione e alla supervisione relativamente alla conduzione delle sedute online, soprattutto per salvaguardare la costruzione e il consolidamento della – fondamentale – relazione terapeutica.
Ph: Foto di Thirdman da Pexels.
Francesca Davini, Marco Saettoni SARS COVID-19, quarantena e psicoterapie online, sulla rivista «Psicobiettivo» 3/2021 LINK