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Che succede nel cervello quando disegniamo?

Passo molto del mio tempo libero a fare scarabocchi. Sono una giornalista ma, a tempo perso, anche un’artista, in particolare una fumettista. Disegno fra un impegno e l’altro, al caffè prima di andare al lavoro e mi piace sfidarmi a creare un piccolo magazine nei 20 minuti del mio viaggio in bus da pendolare. Lo faccio in parte perché è divertente e fa passare il tempo. Ma ho il sospetto che ci sia anche qualcosa di più profondo. Perché quando creo, sento che mi libera la testa. Mi aiuta a dare senso alle mie emozioni e in qualche modo, mi fa sentire più calma e rilassata. Perciò mi chiedo: che succede nel mio cervello quando disegno? Perché è così piacevole? E come posso portare altre persone – anche se non si considerano artisti – sul “treno della creatività”?  Ho scoperto che succedono un sacco di cose nella nostra mente e nel nostro corpo quando facciamo arte. “La creatività in sé stessa è importante per restare in salute e connessi con se stessi e con il mondo” dice Christianne Strang, docente di neuroscienze all’Università di Alabama Birmingham e già presidente dell’American Art Therapy Association. Questa idea vale per ogni tipo di espressione creativa visuale: disegno, pittura, collage, creta, poesia, decorazione di dolci, lavoro a maglia, album, non c’è alcun limite. “Qualsiasi cosa impegni creativamente la tua testa – creando connessioni fra cose lontane e immaginando nuovi modi di comunicare – è una cosa buona” aggiunge Girija Kaimal, professoressa alla Drexel University, ricercatrice in arte-terapia. Kaimal è convinta che l’arte è importante per tutti, non importa il livello di bravura, e che è qualcosa che si dovrebbe fare regolarmente, per vari motivi.

Aiuta a essere più fiduciosi nel futuro

La capacità dell’arte di modellare la nostra immaginazione può essere una delle ragioni per cui esiste da quando eravamo cavernicoli, chiarisce Kaimal. Probabilmente serve agli scopi dell’evoluzione. La sua teoria è che l’arte ci aiuti a superare i problemi che possono sorgere in futuro. Un’ipotesi che nasce dalle ultime ricerche, per le quali il cervello sarebbe una sorta di “macchina predittiva”. Il cervello usa cioè le informazioni per prevedere che cosa potremmo fare nell’immediato futuro e soprattutto che cosa è necessario fare nell’immediato futuro per sopravvivere e prosperare. Quando facciamo qualcosa di artistico prendiamo una serie di decisioni: che tipo di strumento usare, quale colore, come tradurre quello che vediamo su carta. E infine come interpretare un’immagine. Kaimal racconta di una sua studentessa di arte-terapia gravemente depressa: “Una volta prese un foglio e lo colorò tutto di nero con un grosso pennarello. Poi lo guardò per un po’ e disse ‘Wow, sembra davvero cupo e desolato’. Allora accadde qualcosa: si guardò intorno, afferrò della creta rosa e cominciò a fare… dei fiori. ‘Sai cosa? Mi ricorda la primavera’”. Durante quella sessione di arte, la studentessa era riuscita a immaginare delle possibilità e vedere un futuro al di là di un presente così disperato. “L’immaginazione è un atto di sopravvivenza” conclude Kaimal. “Ci prepara a immaginare possibilità e auspicabilmente a sopravvivere a esse”.

Attiva il centro della ricompensa nel cervello

Per molti l’arte può essere fonte di tensione: che posso fare? Che tipo di materiali devo usare? Se non ci riesco? E se poi fa schifo? “Gli studi dimostrano che, nonostante questi timori, impegnarsi in una qualsiasi espressione visuale attiva il centro della ricompensa nel cervello” spiega Kaimal “il che significa che ci fa sentire bene ed è percepita come un’esperienza piacevole”. Con un team di ricercatori Kaimal ha misurato il flusso di sangue nel centro della ricompensa nel cervello (la corteccia mediana prefrontale), in 26 volontari impegnati in tre attività artistiche: colorare un mandala, scarabocchiare e disegnare liberamente su un foglio bianco. Mentre i partecipanti compivano queste attività, i ricercatori hanno rilevato un incremento del flusso di sangue in questa parte del cervello. Secondo i suoi autori, questa ricerca suggerisce che l’attività artistica potrebbe recare benefici alle persone con determinati problemi, come le dipendenze e i disordini alimentari e dell’umore.

Abbassa lo stress

In un altro studio Kaimal ha misurato il livello di cortisolo (un ormone che aiuta a rispondere allo stress) di 39 adulti dopo 45 minuti di attività artistica, verificando che si era decisamente abbassato. E non c’è differenza fra coloro che si identificano come artisti esperti e gli altri, il che significa che il livello di competenza non ha importanza, i benefici si ottengono in ogni caso.

Favorisce la concentrazione

Inoltre, l’arte porta a quello che la comunità scientifica chiama “flusso”: “È come perdersi e perdere ogni consapevolezza. Sei così nel momento e completamente presente che dimentichi il senso del tempo e dello spazio”, dice ancora Kaimal.  “Attiva nel cervello varie reti fra cui la uno stato di rilassamento riflessivo, l’attenzione al compito e il senso di piacere”. Uno studio pubblicato nel 2018 su Frontiers in Psychology ha evidenziato che il flusso è caratterizzato da un’accresciuta attività delle onde teta nelle aree frontali del cervello e moderata attività delle onde alfa nelle aree frontali e centrali.

Che tipo di arte praticare?

Alcuni tipi di arte sembrano portare più benefici delle altre. Ad esempio modellare la creta, perché “coinvolge sia le mani che molte parti del cervello in esperienze sensoriali. Usare il senso del tatto, dello spazio a tre dimensioni, la vista, l’udito sembra recare più benefici”. Molti studi hanno dimostrato che colorare entro dei contorni – in particolare un disegno di mandala – è più efficace per l’umore che colorare su un foglio bianco o anche colorare una forma squadrata.

Aiuta a rielaborare le emozioni

Strang sottolinea che chi ha seri problemi mentali dovrebbe rivolgersi a un terapista professionale, ma che se si tratta solo di ritrovare la propria creatività, ridurre l’ansia e rafforzare le proprie capacità di adattamento ciascuno può fare a modo suo: basta lasciare che “linee, forme e colori traducano in immagini la tua esperienza emotiva”.

Le sue parole mi hanno fatto ripensare a tutte le volte che mi sono trovata a tirare fuori dalla borsa penna e quaderno, per esprimere come mi sentivo attraverso i miei disegni e le mie riflessioni: un’attività catartica, che mi dava sollievo. Mesi fa litigai con qualcuno. Il giorno dopo sull’autobus ci stavo ancora rimuginando. In preda alla frustrazione, ho tirato fuori il mio quaderno e ho scritto il vecchio adagio “non lasciare che il mondo ti renda duro”, ho stracciato con cura la pagina e l’ho attaccata sul sedile davanti, pensando: che sia un monito per tutti quelli che lo leggeranno. Ho fotografato il biglietto e l’ho postato su Instagram: quella notte, rivedendo la foto, ho capito per chi era il messaggio: era per me.

@Malaka Gharib su “KQED

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