Eccetto rare situazioni patologiche, nel momento in cui si diventa genitori si rincorre lo scopo di essere bravi genitori, possibilmente eccezionali se non addirittura perfetti. Come afferma la mia collega Claudia Perdighe nel suo libro Il linguaggio del cuore, ogni genitore vuole essere un bravo genitore per il proprio figlio e poiché questo scopo è molto importante il genitore spesso può sentirsi sotto pressione, come se dovesse tutti i giorni superare il Test Del Bravo Genitore (che grazie al cielo non esiste!) La mente umana funziona così: più teniamo a qualcosa, più facilmente abbiamo paura di fallire. Ecco alcune tra le paure più diffuse:
“Non lo amo abbastanza”
Alcune mamme possono essere terrorizzate dall’idea che il loro egoismo impedisca loro di amare sufficientemente il proprio figlio. Come se ci fosse un organo deputato all’amore genitoriale e loro ne fossero sprovviste. Per esempio ci si può sentire in colpa per il fatto di sentirsi dispiaciute di perdere alcune occasioni lavorative o di dover dividere le attenzioni del marito con i propri figli. Questa paura come anche le altre può farci soffrire tantissimo e impedirci di godere davvero del tempo con nostro figlio.
“I miei problemi psicologici e la mia storia influenzeranno negativamente mio figlio”
Mi è capitato più volte di dover rassicurare alcune mamme sul fatto che le loro difficoltà psicologiche non necessariamente avrebbero influito negativamente sul proprio figlio. Le ricerche in effetti ci dicono che il fatto che un genitore abbia un disturbo mentale influisce negativamente sulla salute del bambino. Ma a questo punto dobbiamo fare due precisazioni. La prima è che la differenza la fanno i comportamenti che il genitore assume nel quotidiano: un genitore depresso che si sforza di essere presente, di accudire il proprio figlio e farlo sentire amato fa correre al proprio figlio molti meno rischi di un genitore che non ha nessun disturbo mentale ma che magari non è attento ai bisogni del bambino o si spaventa di fronte alle sue emozioni. La seconda precisazione è che non necessariamente un bambino, figlio di un genitore con un disturbo mentale, sarà un adulto con difficoltà psicologiche: a volte l’essere in contatto con la sofferenza di una figura genitoriale ci rende adulti saggi, consapevoli e ricchi di risorse interne.
“Non sono un bravo genitore come gli altri”
In questo caso il genitore si confronta con gli altri genitori e temendo di avere meno idee, meno energie e meno capacità dei genitori che considera perfetti, si svaluta e si denigra. Questo genitore può evitare di frequentare i genitori “perfetti” o criticarli eccessivamente oppure sfuggire in generale qualsiasi tipo di confronto per paura di sentirsi inadeguato. Ovviamente, un comportamento di questo tipo lo porta a evitare anche quei confronti costruttivi che lo arricchirebbero o che gli dimostrerebbero che non è poi un genitore tanto malvagio.
“Non vorrei arrabbiarmi con mio figlio e invece lo faccio”
Quante di noi si sono sentite delle pessime madri per essersi arrabbiate molto con il proprio figlio? Proprio noi che non abbiamo mai sopportato le mamme che urlano? In effetti la rabbia verso un figlio è forse una delle emozioni più difficili da gestire e da sopportare per un genitore. Ci si può sentire falliti per il fatto di non saper educare nostro figlio oppure per il fatto di provare una rabbia così intensa verso colui che dovremmo amare di più. Quando poi alla rabbia si aggiunge la colpa, la situazione si complica: la colpa fa peggiorare l’emozione di rabbia facendoci sentire genitori sbagliati e questo ci rende più facilmente irritabili.
In ognuno di questi pensieri si nasconde la stessa trappola: la trappola della non accettazione. Se non accettiamo di avere queste paure, se non accettiamo di essere prima di tutto esseri umani e quindi genitori che sbagliano, corriamo il rischio di ingigantire i nostri timori e far sì che essi ci condizionino del tutto.
Accettare le emozioni negative
Innanzitutto bisogna dire che è quasi impossibile sentirsi sempre un bravo genitore: tutti i bambini o quasi possono diventare in alcuni momenti delle terribili macchine che sembrano create apposta per esasperare e farci perdere la pazienza o il controllo. Nel momento in cui si diventa genitori, dobbiamo mettere in conto che avremo a che fare con la paura di fallire, con la rabbia, con la colpa oppure con l’invidia. Reprimere queste emozioni e pensieri, cercare di cancellarli oppure tentare di contrastarli non è molto utile: rischiamo di perdere tempo a convincerci che non siamo mamme egoiste o cattive oppure a evitare qualsiasi confronto aumentando il potere di questi pensieri. Vediamola cosi: proprio perché ci teniamo a dare il meglio possibile non è in nostro potere non sentirci ogni tanto cattivi genitori. L’emozione di colpa o la paura di fallire sono essi stessa la prova e la garanzia che vogliamo essere dei buoni genitori. Se non avessimo questo scopo non avremmo queste emozioni che stanno dentro di noi proprio per accertarci che non stiamo facendo troppi errori. L’importante è che queste emozioni non diventino più grandi di noi. Concentriamoci sul genitore che vogliamo essere, chiediamoci “come vorrei comportarmi?” e non “che genitore sono?”, cerchiamo di compiere scelte a favore del nostro benessere e non solo del benessere di nostro figlio (e vedrete che starà bene anche lui) e siamo buoni con noi stessi. Accettare le nostre emozioni negative non significa rassegnarci a essere come siamo: accettare significa fare del nostro meglio per diventare il genitore straordinario che vogliamo essere, mettendo in conto che non sempre ci riusciremo e continuando a impegnarci su quello che per noi è davvero importante.