In Italia i servizi psichiatrici per gli adolescenti sono da sempre molto carenti e, a fronte di un periodo durissimo con il primo lockdown primaverile, le restrizioni contro la pandemia degli ultimi mesi e le incertezze sulla scuola, la sofferenza psicologica dei più giovani rischia di non trovare chi possa curarla adeguatamente. Un dato fra tutti: se consideriamo che in tutta Italia i posti letto dedicati alla psichiatria dei minori sono soltanto 92, capiamo come spesso i ragazzi che hanno bisogno di un ricovero si ritrovino accanto a pazienti adulti o in reparti pediatrici generici, del tutto inadatti a seguirli come avrebbero bisogno.
I numeri che emergono dagli operatori sanitari sono davvero preoccupanti: gli atti di autolesionismo e di tentativi di suicidio fra gli adolescenti sono in aumento ormai da qualche anno, e il carico di ansia e stress portato dalla pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione. I ragazzi si fanno male tagliandosi sulle braccia, le gambe, alcuni arrivano a tentare il suicidio gettandosi dalla finestra o ingerendo grandi quantità di tachipirina o mix letali di pillole.
Come spiega a L’Espresso il Prof. Stefano Vicari, ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: «Vediamo negli anni un incremento notevolissimo delle attività autolesive e dei tentativi di suicidio: nel 2011 i ricoveri sono stati 12, nel 2020 abbiamo superato quota 300. Sebbene le statistiche ufficiali ci dicano che il numero dei suicidi è in leggero calo tra gli adolescenti, l’attività autolesiva è in rapido aumento. Mai come in questi mesi, da novembre a oggi, abbiamo avuto il reparto occupato al 100 per cento dei posti disponibili, mentre negli altri anni, di media, eravamo al 70 per cento. Le diagnosi che predominano sono quelle del tentativo di suicidio».
Numeri allarmanti arrivano anche all’ospedale Regina Margherita di Torino: i ricoveri per tentato suicidio nel Reparto di Neuropsichiatria infantile sono passati da 7 nel 2009 a 35 nel 2020 e, nello stesso periodo, nel Day hospital psichiatrico, l’ideazione suicidaria è passata dal 10% all’80% dei pazienti in carico.
Anche senza arrivare alla sofferenza che si manifesta in atti di autolesionismo o in tentativi di suicidio, in questi mesi resi difficili dall’angoscia per la pandemia, dalla privazione di molti dei contatti sociali “fisici” e dai problemi della didattica online i ragazzi manifestano, com’è comprensibile, emozioni molto negative: amarezza e pessimismo sono i tratti che evidenziano per primi, ad esempio, in una recentissima indagine Ipsos su I giovani ai tempi del Coronavirus. La rilevazione, condotta per Save the Children su studenti tra i 14 e i 18 anni, certifica che per il 46% degli adolescenti il 2020 è stato un “anno sprecato”. Alla domanda “Cosa pensi che accadrà dopo il vaccino?” solo il 26% ritiene che “tornerà tutto come prima” mentre la stessa percentuale pensa che “continueremo ad avere paura”, e il 43% ritiene che anche dopo il vaccino, “staremo insieme in modo diverso, più online”.
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