“Un giorno gli altri scopriranno chi sono veramente, e allora sarò nei guai”: milioni di persone ogni giorno hanno preoccupazioni di questo tipo. Sono i pensieri che caratterizzano la sindrome dell’impostore, che può impedire alle persone di godersi i propri successi e vivere la vita con serenità.
La dottoressa Susan David è un’esperta nel campo e aiuta le persone ad affrontare la sindrome dell’impostore da molti anni. In un articolo apparso su McLean (Harvard Medical School) scrive che: “Possiamo definire la sindrome dell’impostore il pensare che siamo incompetenti o non abbastanza bravi, nonostante le prove del contrario”. Impiegati che pensano di non meritare un aumento o una promozione nonostante anni di ottimo lavoro, studenti che si sentono fuori posto tra i loro compagni di classe anche se hanno voti alti, amici che si sentono immeritevoli di essere accettati e temono di essere “scoperti”. Sono tutti esempi di come può manifestarsi la sindrome dell’impostore.
La dottoressa David spiega che la maggior parte delle persone sperimenta la sindrome dell’impostore nel corso della propria vita: «È importante sottolinearlo, perché molti pensano di essere i soli a sentirsi così. Invece capita a tanti, comprese persone altamente efficienti e competenti». Lo racconta ad esempio l’imprenditore tech australiano Mike Cannon-Brookes in una divertente Ted Conference del 2017, parlando della sua storia. Anche mentre riceveva un premio internazionale si sentiva «di non meritare di essere lì, di non essere all’altezza e che a un certo punto qualcuno lo avrebbe capito e ci avrebbe rispediti a casa, in Australia».
La sindrome dell’impostore si manifesta spesso e volentieri negli ambienti di lavoro. Ci sono persone anche molto competenti su un argomento che però nelle riunioni restano in silenzio, pensando fra sé: “Come sono capitato in questa stanza con persone che sono chiaramente più intelligenti di me? Scopriranno subito che sono un falso”. Il problema può ulteriormente complicarsi quando la sindrome dell’impostore si unisce a pregiudizi culturali: «Io lavoro molto con scienziate. Sono professioniste con abilità e competenze verificate sul campo, ma molto spesso si trovano in situazioni lavorative in cui sono le uniche donne. E qui entrano in gioco i pregiudizi e gli stereotipi: queste donne, che già sono in una posizione stressante, possono chiedersi se hanno davvero diritto di essere lì o stanno solo “fingendo”», spiega la dottoressa.
Non c’è una sola causa della sindrome dell’impostore. Tuttavia genitorialità, cultura e personalità giocano un ruolo importante. «Quando ci viene insegnato che il valore di una persona è legato solo a ciò che sa (come ad esempio all’andare bene a scuola), la possibilità di “non sapere” qualcosa può sollevare problemi di identità e di conseguenza far nascere la paura di essere “scoperti”. Spesso troviamo la sindrome dell’impostore nei perfezionisti o in persone estremamente coscienziose, che si preoccupano sempre di fare un lavoro di qualità e di dare un contributo efficace». Preoccuparsi della qualità del proprio lavoro e dell’impatto del proprio contributo è solitamente qualcosa di positivo, tuttavia, «dove queste qualità diventano un problema è quando sono legate al proprio senso di valore, o quando ci si identifica così tanto con queste qualità da non essere flessibili».
Indipendentemente dalla professione, dal sesso, dall’età o dalla cultura, chiunque soffra di sindrome dell’impostore può fare molto per affrontarla e sconfiggerla. «Sii compassionevole con te stesso», raccomanda la dottoressa David. «Comprendi che i tuoi pensieri e sentimenti possono derivare dall’essere un perfezionista o autocritico. Sappi che stai cercando di fare un buon lavoro in circostanze complicate. Capiterà qualche volta che non saprai la risposta e che le cose saranno difficili».
La dottoressa David invita le persone a non cercare di respingere i pensieri negativi, ma di provare a riaffermare le cose che apprezzano di più. «Quando le persone si concentrano sui loro valori, come la crescita personale o l’apprendimento o chi vogliono davvero essere, sono maggiormente attente a ciò che più importa e meno inclini ad ascoltare la voce della sindrome dell’impostore».
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