Vi siete mai chiesti perché ridiamo? Tutti noi sappiamo o intuiamo cosa sia l’umorismo, ma diventa forse più difficile quando dobbiamo definirlo con chiarezza ed esaustività.
Nei secoli passati decine di psicologi, neuroscienziati e filosofi hanno condotto numerose ricerche sul perché un determinato evento o alcune situazioni ci facessero ridere. Gli antichi greci promuovevano la teoria della superiorità: ridiamo delle sventure proprie o altrui perché così facendo ci sentiamo superiori. Agli inizi del Novecento Sigmund Freud sostenne che la risata ci permette di allentare la tensione e liberare «l’energia psichica».
A oggi non esiste ancora una teoria che spieghi pienamente tutti gli aspetti dell’umorismo, ma moltissime ricerche sembrano aver individuato due fattori principali: l’incongruità e l’errore.
Ci fa ridere ciò che è incongruo, l’accostamento tra concetti incompatibili, la violazione delle nostre aspettative, la discrepanza tra le nostre attese e la realtà: «Oggi una coccinella si è posata su di me, se n’è andata subito dicendo: porto fortuna non faccio miracoli!».
Inoltre ridiamo perché scopriamo l’errore. Il divertimento consisterebbe nella scoperta dell’errore. L’errore nostro o altrui ci fa ridere perché, ridendoci su, ne prendiamo le distanze e ce ne sbarazziamo. È il caso per esempio del celebre Mr. Bean o dell’altrettanto famoso Ing. Fantozzi.
Ridere fa bene
Pur non essendoci una teoria che riesca a spiegare i numerosi aspetti dell’umorismo, è certo che ridere fa bene: migliora la memoria (ricordiamo meglio le informazioni raccontate con uno stile ironico), influenza la scelta del partner (chi sa ridere e far ridere è percepito come più attraente) e soprattutto aiuta a combattere lo stress. In quest’ultimo caso le ricerche hanno dimostrato che le terapie del sorriso nei reparti ospedalieri, contribuiscono ad abbassare lo stress nei piccoli pazienti diminuendo i livelli di cortisolo nel sangue. L’umorismo spesso è anche una strategia psicologica molto utile: attraverso l’ironia e l’autoironia riusciamo a prendere distanza da ciò che a volte ci fa sentire inadeguati, ci provoca angoscia o ci dà preoccupazione. Nel corso del mio lavoro come psicoterapeuta un senso dell’umorismo rispettoso e non invadente è risultato un efficace strumento di accoglienza e condivisione, capace di mettere a proprio agio il paziente. Spesso sono solita iniziare il mio primo colloquio con un paziente con questa piccola battuta: «Allora come mai da queste parti?».
In alcune tecniche dell’ACT (Acceptance and Committent Therapy) l’ironia ci aiuta a prendere distanza emotiva da ciò che ci fa stare male inutilmente. Andate a un pensiero ricorrente che vi preoccupa o vi provoca angoscia in modo ingiustificato: immaginate ora che a pronunciare quel pensiero sia la voce di Paperino, Topolino o uno dei vostri cartoni animati preferiti. Oppure, provate a immaginare che quello stesso pensiero venga canticchiato con il motivetto di Tanti auguri. È probabile che un esercizio del genere vi strapperà un sorriso e vi aiuterà a non essere un tutt’uno con quel determinato pensiero. In fondo si tratta solo di un pensiero!
L’ironia e l’autoironia intervengono in nostro aiuto anche quando siamo molto emozionati e tesi o quando magari compiamo un’azione un po’ goffa. Essere in grado di scherzare e prendersi in giro si rivela una strategia cognitiva di alto livello che ci permette di attenuare quel senso di vergogna o inadeguatezza che tutti noi prima o poi abbiamo provato almeno una volta nella vita.
L’umorismo, specie oggi quello del web, è spesso anche una chiave di accesso al mondo dei giovani. I famosi meme sono tra i linguaggi preferiti dagli adolescenti per esprimere i loro disagi, le loro paure e lo scontento per come gli adulti hanno ridotto il mondo in cui vivono. Si potrebbe quasi dire: dimmi che meme ti piacciono e ti dirò che adolescente sei.
Concludo questo breve excursus nel mondo dell’humor affermando che mai come oggi, data l’emergenza sanitaria mondiale che noi tutti stiamo vivendo, la capacità di ridere e far ridere diventa un dono prezioso, uno strumento fondamentale a cui far ricorso per alleggerire un po’ i nostri animi e provare a esorcizzare la paura.
Ph: Silvia Pasquetto
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