La Schema-Focused Cognitive Therapy, sviluppata da Jeffrey Young e colleghi (1990-1999), è un modello teorico e un approccio psicoterapeutico innovativo e articolato che combina le tecniche di Terapia Cognitivo Comportamentale, ampiamente dimostrate, con elementi derivati dalla teoria dell’attaccamento, dalla Gestalt, dalle Terapie Interpersonali e Psicodinamiche al fine di aiutare i pazienti affetti da problematiche psicologiche radicate.
La Schema Therapy è particolarmente utile nel trattamento di pazienti con difficoltà complesse come i disturbi di personalità, in particolar modo il Disturbo Borderline di Personalità. È dimostrata, inoltre, la sua efficacia nel trattamento di ansia e depressione cronica, disturbi dell’alimentazione, problemi di coppia, e nella prevenzione delle ricadute del disturbo da uso di sostanze.
La Schema Therapy trae le sue origini dal riconoscimento dell’esistenza di una serie di bisogni emotivi universali che ogni essere vivente presenta fin dalla nascita e per tutta la vita. Il soddisfacimento adeguato di questi bisogni nell’infanzia favorisce un equilibrio psicologico interno sano che rende l’individuo capace, nell’arco della sua vita, di imparare a soddisfare da solo tali bisogni in modo funzionale al benessere psicofisico. Questi bisogni emotivi universali includono:
a) i bisogni di sicurezza, stabilità, cura e accettazione;
b) i bisogni di autonomia, abilità e senso d’identità;
c) il bisogno di essere liberi di esprimere le proprie esigenze ed emozioni;
d) il bisogno di spontaneità e gioco;
e) il bisogno di limiti realistici che favoriscano l’emergere dell’auto-controllo.
Secondo la Schema Therapy, il benessere psicologico deriva dall’abilità di soddisfare i propri bisogni in modo adattivo.
Lo sviluppo dei bambini, infatti, ruota soprattutto intorno al soddisfacimento dei propri bisogni di base da parte dei genitori o di coloro che se ne prendono cura. Laddove questi bisogni non vengano soddisfatti in maniera adeguata, invece, si verrebbero a formare quelli che vengono definiti Schemi Maladattivi Precoci (SMP).
Uno schema maladattativo precoce viene definito da Jeffrey Young come: “un tema o un aspetto generale e pervasivo: comprende ricordi, emozioni e cognizioni. È relativo a sé e alle proprie relazioni con gli altri. Insorge durante l’infanzia o l’adolescenza e viene elaborato nel corso della vita”.
Nonostante ciò, pur essendo fonte di sofferenza, questi schemi maladattivi vengono mantenuti dalla persona in quanto rappresentano il conosciuto, il familiare da cui non ci si vuole distaccare. Ecco perché si viene attratti dalle situazioni che rafforzano gli schemi, rendendo difficile non solo il cambiamento ma anche il riconoscimento della loro disfunzionalità.
L’obiettivo della Schema Therapy è quindi quello di trasformare uno schema maladattivo in uno più funzionale e siccome lo schema è un insieme di ricordi, pensieri, emozioni, sensazioni somatiche la correzione consisterà nel diminuire proprio la pervasività e l’intensità di questi. Naturalmente si lavorerà per ottenere anche un cambiamento a livello comportamentale attraverso l’apprendimento di nuove strategie adattive e di stili di coping più funzionali. Attraverso questo triplice lavoro (cognitivo, emotivo e comportamentale) lo schema andrà via via a indebolirsi attivandosi di conseguenza sempre meno e sempre con minor intensità. Il lavoro è molto complesso perché gli schemi si sono venuti a formare durante l’infanzia e sono quindi convinzioni molto rigide e radicate su se stessi, gli altri e il mondo: il metro di valutazione che ognuno di noi quotidianamente usa. Abbandonare uno schema può essere pertanto un’esperienza molto destabilizzante. Il paziente deve essere pronto ad affrontare questo lavoro con costanza e impegno: Young parla di una vera e propria “dichiarazione di guerra” che paziente e terapeuta muovono insieme allo schema maladattivo.
Insieme lavoreranno per imparare a rispondere all’attivazione di questi schemi in modo più funzionale e a sviluppare un’immagine di sé più positiva.